La storia

C’è un borgo in provincia di Imperia ricco di fascino e magia. Un borgo immerso nel verde e incastonato, come un gioiello, nelle montagne del parco delle Alpi Liguri. Il suo nome è Triora ed è di questo Borgo che narriamo la storia, una storia millenaria e dunque troppo lunga da racchiudere in poche righe. I primi resti che testimoniano la presenza di uomini nel borgo risalgono addirittura al Neolitico, in un periodo collocabile tra il 3800 e il 3000 a.C. A insediarsi nel borgo fu, probabilmente, una tribù di Liguri Montani che, dopo lunghe lotte vennero sottomessi dall’Impero romano.

Immaginiamo una terra incontaminata e anche difficile da raggiungere. Oggi con l’auto basta percorrere una trentina di chilometri dal comune di Taggia e, nonostante i tornanti, a volte ripidi, a volte stretti, in meno di un’ora si arriva nel centro storico principale, a 780 metri di altitudine. Da qui, una serie di strade e stradine portano alle tante frazioni di un Comune che, pur contando poco più che 300 abitanti, con i suoi 68 chilometri quadrati di estensione, possiede il territorio più esteso di tutta la provincia di Imperia.

Triora, dal latino tria ora “tre bocche”. Per alcuni il suo nome è legato alle tre bocche di Cerbero, raffigurato nel suo stemma. Per altri è legato ai tre principali prodotti che sfamavano la popolazione di entroterra e costa: grano, castagne e vite.

A curare le coltivazioni, dando impulso alla rinascita agricola dell’area, furono, in epoca longobarda, i monaci dell’abbazia di San Colombano di Bobbio. I religiosi si insediarono anche in valle Argentina, dove recuperarono aree incolte o abbandonate, apportarono migliorie e diffusero gli oliveti, tra cui la cultivar di oliva taggiasca, vigneti e castagneti. Si dedicarono anche all’allevamento e alla conservazione di alimenti come olio, burro e formaggi e salumi, grazie all’uso del sale e delle spezie.

Un borgo ricco e popolato, un tempo. Un borgo che con la sua posizione, dominante la valle Argentina, e con le sue cinque fortezze, le altissime case-torri, gli androni dei palazzi, i carugi irti e protetti dalle mura, con anfratti bui e androni tenebrosi, rappresentava una minaccia per Genova, che nel Ponente aveva mire espansionistiche. Così, il suo destino fu deciso: la repubblica marinara doveva espugnare la città fortezza e lo fece, il 4 marzo 1261. Ma non furono le battaglie degli eserciti nemici a vincere la resistenza del borgo, bensì il denaro: Triora venne acquistata da Guglielmo Boccanegra per un pugno di scudi genovesi. E’ proprio sotto l’ala genovese, che Triora conobbe il momento di maggior prestigio della sua storia, diventando la nona podesteria della Repubblica. Ma ancora una volta fu il denaro a cambiare le carte in tavola: nel 1405, a causa della pesante tassazione imposta da Genova, gli abitanti di Triora insorsero, distruggendo quattro delle cinque fortezze. Triora si diede propri Statuti attraverso i quali stabilì regole ben precise per ogni aspetto di vita sociale, ma continuò a rifornire di grano e di vino la Repubblica di Genova. Alla caduta di quest’ultima, nel 1797, Napoleone Bonaparte istituì la Repubblica Ligure.  E Triora dal 1805 divenne parte integrante del Dipartimento delle Alpi Marittime francesi. All’abdicazione di Napoleone nell’aprile 1814, seguì lo sfaldamento del suo vasto impero: a Genova venne così ricostituita la Repubblica Ligure di cui Triora entrò a far parte. Ma la Repubblica, però, era destinata a breve vita: il congresso di Vienna stabilì infatti che la Liguria passasse sotto la sovranità del Regno di Sardegna.

Le streghe – Una storia da raccontare

Nel 1587, anno in cui una terribile carestia attanagliava il paese, affamando bestiame e abitanti, alcune donne di Triora vennero accusate di essere streghe: per il popolo erano sicuramente queste donne, per lo più popolane, con i loro malefici a causare malattie e fame. Le avevano viste, erano certi, riunirsi la notte alla Cabotina: a danzare e unirsi al diavolo. Le avevano viste, erano state loro, rapivano i bambini, cavavano loro il sangue. Erano loro le colpevoli. Adoratrici di Satana, capaci di ogni maleficio: queste donne dovevano essere allontanate, torturate, condannate: era questo l’unico modo per far tornare prosperità e salute a Triora.

Arrivarono a Triora gli inquisitori, convinti sostenitori della presenza del maligno. A denunciare le streghe furono gli stessi trioresi, che dopo aver assistito alla celebrazione della santa messa e ascoltato l’appello del sacerdote durante la predica, fecero i primi nomi: le donne arrestate furono subito venti. Torturate, le poverette fecero altri nomi. Si arrivò presto a trenta. Confessioni estorte tramite la tortura e i supplizi, pur di fermare la mano violenta degli inquisitori, tredici donne, quattro ragazzine e un fanciullo si dichiararono rei confessi.

Dalle popolane si passò alle nobili. E’ il caso di Isotta Stella, appartenente a una delle più agiate famiglie del paese, il cui palazzo signorile ancora oggi (trasformato in museo) è il cuore pulsante del borgo. Quando venne accusata di essere una strega, Isotta Stella aveva sessant’anni, era una donna anziana e non riuscì a resistere alle torture subite, che ne causarono la morte. Un’altra donna, cercando di sfuggire a quell’orrore, si lanciò dalla finestra della prigione in cui l’avevano rinchiusa: morì per le ferite riportate.

Proprio il coinvolgimento di donne nobili e influenti, fece sì che a intervenire fosse il Consiglio degli Anziani che, il 13 gennaio 1588, chiese agli inquisitori di procedere con maggior cautela. Dopo alcune indagini, come riportano gli atti ancora conservati negli archivi di Stato di Genova, si convenne che la morte di Isotta Stella fu determinata dalle torture subite, ma il fatto della donna morta dopo essersi gettata dalla finestra fu spiegato come atto del maligno: «…una notte tentata dal diavolo procurò la fuga con guastore una sua veste che aveva indisso et accomodarla a guisa di benda, ma non l’essendo cascò subito che fu fuori dalla finestra».

Nel 1588 il governo genovese inviò a Triora un commissario, Giulio Scribani, che invece di rallentare la caccia alle streghe, come auspicato dalle autorità locali, inasprì il clima di terrore, trasferendo le donne incarcerate a Genova e facendo di tutto per trovare altre nuove streghe. Reato contro Dio, commercio con il demonio, omicidio di donne e bambini: queste le gravissime accuse formulate contro le arrestate. Cominciarono così nuovi interrogatori e supplizi, al termine dei quali, Scribani chiese che venissero messe al rogo quattro donne. Ma poco prima dell’esecuzione della condanna, intervenne il Padre Inquisitore di Genova, unico rappresentante dell’Inquisizione di Roma ad avere il potere di giudicare i fatti e i crimini inerenti alla stregoneria. Il processo si concluse, nel 1589, con l’assoluzione di tutte le donne, che vennero finalmente liberate. Solo di una di loro, la nobile e bellissima Franchetta Borelli, si è potuta ricostruire, in parte, la storia. Essendo di famiglia agiata, Franchetta potè tornare a Triora, affrontando un viaggio che all’epoca era lungo e difficile. A Triora, dove la donna morì decine di anni dopo i fatti, c’è ancora la sua tomba.

Ritorno alle origini.
La vita in un borgo ai confini del mondo

Cosa significa vivere nel comune più esteso della provincia di Imperia con frazioni sparse in cui gli abitanti si contano sulle dita di una mano? I ritmi sono diversi da quelli di una città e il ritorno alla terra non è un vezzo ma una necessità. Qui, dove la giornata è scandita dal rintocco delle campane, tutti si conoscono e ritrovarsi davanti a un bicchiere di vino restituisce la gioia dello stare insieme, dell’essere identità e parte di un territorio ai confini del mondo.

Ma non solo chi è nato a Triora ci torna volentieri, magari dopo aver lavorato una vita fuori dal paese. C’è anche chi elegge il “borgo delle streghe” luogo per rinascere. Come una coppia di giovani tedeschi che durante la pandemia da Covid-19 ha capito che i ritmi di un paese industrializzato, di una potenza economica che detta legge in Europa non sono i ritmi del cuore. Il primo ad arrivare è stato lui, Harald Philipp, 39 anni, che ha lasciato la sua residenza a Innsbruck, in Germania, per trasferirsi a Realdo, frazione di Triora. Qui porta avanti la sua passione, diventata lavoro, per la mountain bike. Dopo aver attraversato in bici le vette delle Alpi e dell’Himalaya, balzando agli onori delle cronache internazionali, Harald si è stabilito nell’alta valle Argentina, di cui si è innamorato. Dalle vacanze saltuarie, insieme alla moglie ha deciso di stabilirsi a Triora, per vivere a contatto con la natura come hanno fatto, nei secoli passati, migliaia di persone prima di lui.

Il pane di Triora – una tradizione di famiglia

Triora non è solo il borgo delle streghe. E chi raggiunge il paese se ne accorge subito. Il profumo del pane tipico, lavorato secondo tradizione, invade le strade e le piazze. Nel forno, alle porte del paese, tutti i giorni si produce l’alimento per eccellenza, fatto di farina, lievito e acqua. L’ingrediente segreto è proprio questo: la purezza dell’acqua e il clima unico di una montagna sospesa sul mare. A raccontare la storia di una tradizione che si tramanda, di generazione in generazione, è Mattia Rossi, che insieme alla madre porta avanti il “panificio Asplanato”, aperto dal nonno.

Triora: alcuni dati

Regione: Liguria

Provincia: Imperia

Dal censimento, effettuato nel febbraio del 1798, risulta che all’epoca a Triora si contassero 9133 abitanti, di cui 2615 nel capoluogo (l’attuale centro storico principale).

Un altro censimento, effettuato nel 1802, mostra un decremento notevole rispetto a pochi anni prima: gli abitanti sono 5828. La perdita di popolazione è dovuta alle numerose epidemie e carestie che avevano interessato la popolazione ligure alla fine del XVIII secolo.

Nel 1856 la popolazione triorese venne duramente flagellata da una terribile epidemia di colera asiatico. Per avere un censimento della popolazione bisogna attendere il 1861, quando si contano 3.306 abitanti.

Popolazione a Triora

Alice Spagnolo

GIORNALISTA

Alice Spagnolo, 36 anni, giornalista, nata e cresciuta a Bordighera (Im). Dal marzo del 2019 è il direttore di riviera24.it, giornale online della provincia di Imperia. Laureata in lettere all’Università di Torino, appassionata del suo territorio, dirige anche “Paize Autu”, mensile edito a Bordighera Alta dall’associazione “U Risveiu Burdigotu”. Appassionata di storia, musica, tradizioni e arte, ha iniziato la sua carriera da bambina, realizzando piccoli “reportage” casalinghi su edifici abbandonati e altre curiosità che poteva osservare vicino a casa. Ama follemente i gatti, il mare e la terra del nonno materno, che è anche un po’ sua: la Sardegna.

Jacopo Gugliotta

GIORNALISTA, FOTOGRAFO, VIDEOMAKER

Jacopo Gugliotta (1991, Rivoli, TO). Fin da ragazzo coltiva la passione per la fotografia, collaborando come fotoreporter nella redazione de La Stampa di Sanremo. Parallelamente si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza, laureandosi nel febbraio del 2017. L’anno successivo diventa giornalista pubblicista ed entra a far parte del comitato tecnico-scientifico della redazione di Riviera24.it. Con la diffusione sempre maggiore dell’uso del video, inteso come forma di comunicazione anche nel campo dell’informazione, si specializzo in reportage (riprese e montaggio). All’interno del quotidiano online crea una sala regia dedicata allo svolgimento di videointerviste sui diversi argomenti, dall’attualità alla politica. In qualità Video Content Creator Manager diventa sviluppatore per PressCommTech, società leader a livello nazionale nel local advertising. Con PressCommTech ho modo di dirigere la produzione di contenuti video, fare la regia di eventi live, realizzare promo per eventi culturali e attività commerciali. La passione per la fotografia di strada lo portano a partecipare a concorsi nazionali e a progetti inerenti le tematiche sociali. Nell’ultimo anno è autore di una mostra itinerante sugli ultimi dieci anni di emergenza migranti a Ventimiglia.